
Un ambiente è un processo, giammai un dato di fatto immutabile. Esso modifica le nostre capacità percettive, cesella il nostro sistema nervoso e plasma abitudini e comportamenti ormai radicati. E ancora, laddove una tecnologia scavi breccia in un ambiente, il fluire di vita quotidiana si adatterà all'ambiente stesso. Il videogame, quindi, come limpida applicazione tecnologica, è una perfetta macchina da guerra ideologica, capace di imporre rivoluzionari e travolgenti mutamenti sociali.
Eric Cartman una volta ha detto che "le chitarre vere vanno bene per i vecchi" (South Park, stagione 11, puntata 13 - Guitar Queer-o). Ovviamente esagerava ma, a legger fra le righe, l'affermazione celava un fondo di verità. Già, perché se non fosse per i "giochini elettronici", quelli programmati dai nerd brufoli-e-occhiali nel fondo di scantinati arredati con poster di Pong e schede perforate, oggi l'industria discografica non se la passerebbe poi troppo bene. Paradossale: fino a qualche anno fa era notoriamente derelitta, moribonda, afflitta dalla piaga della pirateria e dei dischi di Celine Dion, mentre ora è mantenuta in vita (seppur ancora in prognosi assolutamente riservata) da un manipolo di secchioni con le loro chitarre giocattolo. Il rovescio della medaglia, insomma: codici binari e necessario hardware di corredo che salvano il culo dei veri rocker, quelli duri, capelli lunghi e stuoli di groupies (si poteva dire culo, vero?).
Si prenda Activision...