sabato 27 settembre 2008

Burnout Revenge

Dodici mesi, ovvero un'intera generazione di pin-up senza veli che battaglia a suon di calendari, dove anche gennaio e febbraio diventano mesi bollenti, da infarto cartaceo-visivo. Dodici mesi, ovvero un'offesa dinanzi ai sempre più dilatati tempi di sviluppo di videogame d'autore (Kojima, Yamauchi, Aounuma e affini). Dodici mesi, anche troppi per la colossale macchina commerciale targata Electronic Arts, avida e carica di fretta, mai satolla e ben consapevole della veridicità della legge videoludica sottesa all'incessante e pianificato aggiornamento di un prodotto. Mutato nel titolo, nel suffisso e nello slogan pubblicitario a latere, rinfrescato da una nuova palette di colori e pubblicato come "patch addobbata a nuovo videogioco" (la copertina della confezione parla chiaro), il sistema di massificazione commerciale e appianamento sensoriale continua a macinare soldi e il pubblico sembra godere (per approfondimenti si legga: Alez Vs. the World III - Seguiti e virtù). Dodici mesi, neanche il tempo di farsi un giro in quel famoso localino di Las Venturas o terminare l'ultimo capitolo di Parappa The Rapper e Burnout 3, con un auto-takedown, si accomoda tristemente nell'ospizio dei videogiochi dei tempi che furono. E questa volta si può fare a meno di lacrime e malinconia videoludica perché Revenge, nonostante la sua breve incubazione, è in grado di fugare i dubbi in merito alla sua nascita prematura. È sufficiente un giro a Detroit per dimenticare la fastidiosa quanto esaltata voce di DJ Striker. E al primo innesco del turbo l'ormai nota emittente radiofonica Crash FM si accavalla alle frequenze di Radio Maria, lasciando ora il dovuto spazio sonoro a Flyover degli Asian Dub Foundation. Insomma, la Acclaim riposa in pace, Burnout 3: Takedown non si sente più tanto bene ed Electronic Arts gongola come non mai, coccolata da un così remunerativo aggiornamento della serie.


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